Il TRAUMA psicologico

LE SFIDE DELLA VITA

A volte la vita riserva delle “brutte sorprese”, eventi imprevisti che provocano profondo dolore, angoscia, disorientamento. Possono costituire dei forti stress che mettono alla prova le risorse di resilienza, implicando un tempo supplementare per l’adattamento ad eventuali modificazioni di vita, oppure possono rappresentare degli eventi così lontani dal precedente modo di vedere le cose da risultare incomprensibili.

In queste circostanze ci può essere la sensazione di uno tsunami o un terremoto che distrugge le credenze su di sé e sul mondo e sancisce un varco nella continuità della storia di vita. Psicologicamente ci si sente feriti, “perforati” nella pelle psichica, un tempo protettiva; sentimenti di shock possono essere accompagnati da incredulità, smarrimento, negazione (“non è successo a me”), estraniamento, che si alternano con sentimenti di rabbia, domande pressanti (“perché proprio a me?!”), senso di impotenza, angoscia.

AUTO-GUARIGIONE

Nel tempo, queste reazioni possono regredire e, a volte, lasciare il posto a miglioramenti nella percezione delle proprie competenze e relazioni (crescita post-traumatica). Normalmente gli esseri umani sono equipaggiati per fare fronte ad una grande varietà di eventi avversi (resilienza). Il cervello è un sistema estremamente avanzato e naturalmente predisposto ad elaborare un grande carico di informazioni, trasformandole e integrandole nella rete delle memorie in un processo creativo. Eventuali “scorie psichiche” possono essere tollerate e in breve tempo “smaltite”, o meglio, dotate di un nuovo significato, più adattivo.

Il cambiamento è inevitabile, dopo eventi devastanti è impossibile, se non dannoso, cercare di ritornare esattamente “come prima”; è però possibile cambiare insieme agli eventi in una maniera che permette di continuare a “sentirsi vivi”, di fare progetti, coltivare relazioni nutrienti e percepire la propria esistenza come significativa.

IL TRAUMA

Talvolta però l’evento da elaborare travalica l’adattiva capacità di farvi fronte e la mente-cervello rimane così in balia di affetti disorganizzanti e frammenti di esperienza (sensazioni somatiche e sensoriali, immagini, emozioni, pensieri caotici) che condizionano il modo con cui la persona, successivamente, prenderà parte al banchetto della vita.  In questi casi il percorso verso l’auto-guarigione e la crescita sono più difficoltosi perché, a seconda delle circostanze dell’evento e del precedente equilibrio della persona, i naturali processi di elaborazione sono stati interrotti o parzialmente compromessi.

Le reazioni emotive dolorose, che in un primo tempo sono fisiologiche, rischiano di cronicizzarsi e portare a ulteriori cambiamenti psichici, a loro volta fonte di sofferenza per sé o per le persone con cui ci si relaziona.

Di fronte ad un evento vissuto come “traumatico”, cioè che supera il normale bilanciamento stress-risorse, processi neurobiologici (legati per es. al rilascio massiccio di corticosteroidi) e difese psicologiche vengono attivati con conseguenze più o meno disfunzionali, a seconda di quanto rimangono attivi.   La dissociazione, un processo che nel momento dell’urgenza costituisce una via di salvezza psichica notevole (la “fuga quando non c’è via di fuga”), in determinate circostanze può trasformarsi passando da una forma adattiva, fisiologica, ad una forma disadattiva (dissociazione strutturale). A distanza di anni dall’evento perdura uno stato di allerta, un “rilevatore di fumo” pronto a intercettare ogni minimo segnale di pericolo e così a far scattare la dissociazione come difesa automatica per scongiurare il rischio di una nuova “ondata dello tsunami”, in una sorta di “guerra preventiva”.

Traumi non elaborati possono nel tempo dare luogo a disturbi psicopatologici (come depressione, abuso di alcool o sostanze stupefacenti, disturbi del comportamento alimentare), disordini fisici (nel sistema cardiovascolare, immunitario, endocrino etc), e a convinzioni irrazionali rigide, del tipo “io sono colpevole”, “sono impotente”, “non merito di essere amato”, etc.

Come spiega Philip Bromberg, esponente della psicanalisi relazionale contemporanea ed illustre esperto di psicotraumatologia,

il problema dei traumi non è solo l’evento in sé, ma ciò che la persona deve fare a sé stessa per poter convivere con quello che le è successo.

 

LE RISPOSTE DELLA PSICOLOGIA:

In psicologia clinica sono stati sviluppati interventi specificatamente mirati a migliorare i sintomi dello stress post-traumatico e, più ancora, a rimettere in moto quel naturale processo di elaborazione adattiva che il trauma ha temporaneamente messo sotto scacco.

Chiaramente non tutti i traumi sono uguali. Per esempio, è importante distinguere il “trauma relazionale“, sviluppato in modo progressivo e subdolo nella storia di vita (in particolare, nei legami di attaccamento primari), dal trauma “con la T maiuscola“, ossia un evento circoscritto a livello tematico e temporale (con un “inizio” e una “fine”), ma di per sé altamente disturbante, come può essere un incidente stradale, un terremoto, assistere ad un omicidio.

  • TRAUMA RELAZIONALE

Per la prima categoria di esperienze, di solito si consiglia un percorso di psicoterapia a medio o lungo termine, a seconda di quanto le esperienze avverse hanno condizionato lo sviluppo della personalità adulta. E’ possibile intervenire in maniera focale sugli aspetti più salienti dell’esperienza relazionale traumatica (ad es., il ricordo della prima volta in cui si vide il padre crollare ubriaco al pavimento), ma questo genere di interventi va sempre collocato in un preciso disegno clinico di più ampio respiro, in quanto l’elemento di maggiore rilievo non sono più (o non ancora) i “frammenti di esperienza passata” ma i processi psicologici e comportamentali messi in atto nell’attualità, sui quali si può meglio intervenire attraverso la relazione terapeutica.

  • TRAUMA COME EVENTO SINGOLO

Per i traumi da “T” grande, invece, è possibile progettare degli interventi psicologici ad hoc, essendo disponibili metodologie evidence based particolarmente proficue per questo genere di situazioni. La terapia d’elezione per il trattamento dei traumi psicologici, riconosciuta come tale dall’Organizzione Mondiale della Sanità (OMS), è il metodo EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing).

Ancora una volta, ribadisco che la distinzione  appena fatta è utile a fini espositivi, ma nella realtà della vita è spesso difficile tenere separata la storia affettiva-relazionale dentro cui cresciamo dagli eventi memorabili e in sé incisivi.

 

 

Per approfondimenti sulla psicotraumatologia:

http://www.psicotraumatologia.com

http://www.psicosoma.eu/

Libri consigliati:

Bromberg, P. M. (2012). L’ombra dello tsunami. La crescita della mente relazionale. Raffaello Cortina editore.

Van der Kolk, B. (2015). Il corpo accusa il colpo, Raffaello Cortina editore

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