IL PERCORSO CHE MI HA PORTATa a lavorare come co-terapeuta di coppia
Mi occupo della “psicologia delle relazioni di coppia” da diversi anni. Inizialmente l’ho approfondita a livello teorico, durante il dottorato di ricerca: il mio progetto di indagine verteva proprio sui legami di attaccamento nei legami d’amore adulto e i loro intrecci con la ricerca di un figlio (coppie in attesa del primo figlio , coppie senza figli per scelta, coppie con problemi di infertilità).
Nell’ambito questo progetto di ricerca, ho svolto per alcuni mesi dei colloqui con coppie che accedevano alla Clinica per la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) dell’ospedale San Matteo di Pavia. Si trattava di un lavoro di tipo supportivo, mirato ad accogliere i vissuti di sofferenza per il mancato arrivo di un bambino, e trovare modi adattivi di gestire le fatiche fisiche, oltre che psicologiche, del percorso di PMA. Sfortunatamente non mi era possibile, per i vincoli del contesto e del mio ruolo, dar luogo a dei veri e propri percorsi, dovendoci limitare ad uno o massimo due incontri, “rubacchiando” lo spazio di dialogo fra la compilazione di un questionario e l’altro.
Nello stesso periodo svolgevo attività di cultore della materia per diversi corsi universitari riguardanti proprio le relazioni familiari e di coppia.
Parallelamente all’attività accademica, portavo avanti l’impegno clinico in ambito ospedaliero. Sotto la SSD di Psicologia Clinica dell’ospedale di Niguarda (ASST Grande Ospedale Metropolitano), mi occupavo di interventi psicologici rivolti a persone in stato di malattia organica (principalmente cardiologica ed oncologica) e proprio in questo ambito di lavoro ho avuto modo di svolgere diverse sedute “di coppia”, ossia con paziente e rispettivo coniuge. Ovviamente l’obiettivo non era di tipo terapeutico, ma più supportivo e focalizzato su quegli aspetti del funzionamento della coppia che potevano incidere sull’adattamento del paziente alla malattia e sulle risorse di resilienza dell’intero nucleo familiare.
Per quanto l’idea di dedicarmi alla terapia di coppia vera e propria mi “ingolosisse”, fino a quel momento non ne avevo assaggiato che un piccolo antipasto.
Poi un giorno un mio collega col quale avevo condiviso il percorso di formazione in psicoterapia, Andrea Ferella, mi propose di cimentarmi assieme a lui nella co-conduzione delle sedute di terapia di coppia. Lui già svolgeva tale attività in collaborazione con altre colleghe sul territorio di Milano. Si trattava di espandersi sul territorio di Varese, da cui entrambi ci siamo allontanati in una certa fase di vita ma a cui, entrambi, ambivamo a fare ritorno come professionisti.
Devo dire che eravamo una “coppia terapeutica” un po’ insolita: lui 50enne con pregresso background da farmacista, io 30enne con un’identità professionale ancora un po’ scissa fra la psicologia della salute, la clinica e la ricerca psicosociale. Eppure, una forte propensione al dialogo, un’amicizia fondata sulla condivisione delle parti di sé più introspettive, resilienti e a volte anche sofferenti, ci dava fiducia nel fatto che avremmo potuto far fruttare le nostre differenze, dando luogo ad un “nostro metodo” che avremmo affinato negli anni a venire. Alcune sensibilità in comune, come la passione per la musica e per il senso del “bello”, ci hanno aiutato in questo cammino di sintonizzazioni, negoziazioni e costruzione di un “senso del noi clinico” più maturo.
Oggi svolgo terapia di coppia presso il Centro di Psicologia Mera-Gorini (sito in via Bernascone 18, 21100 Varese), in co-conduzione sia con Andrea Ferella, di orientamento psicodinamico, sia con Giulio Corrado, terapeuta sistemico-familiare.
Aprirmi ad una nuova collaborazione professionale, con un collega che non conoscevo prima e che parte da una formazione diversa dalla mia, è stato un’ulteriore passaggio evolutivo importante nel definire il tipo di terapeuta di coppia che sono oggi. Anche con Giulio Corrado c’è molta attenzione alla riflessione, al confronto, talvolta anche alla messa in discussione, in modo costruttivo. Ci siamo resi conto molto presto che i nostri background teorici (psicodinamico-relazionale il mio, sistemico-familiare il suo) erano sì diversi, ma anche molto complementari. Un ampliamento di vedute e modi di pensare ai problemi delle coppie, oltre che di tecniche di conduzione del colloquio, che contribuisce alla mia crescita costante come professionista.

IL VALORE AGGIUNTO DELLA CO-CONDUZIONE
Il metodo della co-conduzione in due co-terapeuti si riconferma per me la scelta migliore, per poter cogliere la complessità di comunicazioni e di intrecci fra i temi dei protagonisti di questi percorsi.
Ognuno dei due partner ha l’occasione di identificarsi o sentirsi più o meno capito da due differenti figure professionali. In questo modo, il rischio di alleanze inconsce collusive del tipo “due contro il terzo”, viene molto depotenziato.
Inoltre, per noi terapeuti, è importantissimo avere l‘occasione di confrontarci sui casi , sulle sedute, sui nostri modi di sentirci con i diversi pazienti, e nella collaborazione professionale.
Credo sia davvero un valore aggiunto inestimabile, che ben ripaga gli oneri inevitabilmente maggiori, non solo per i clienti che devono pagare una seduta di un’ora e mezza gestita da due professionisti, ma anche per noi stessi, che ci prendiamo molto tempo extra-seduta per parlare, pensare alle sedute, condividere in modo strutturato o “a spot” eventuali riflessioni che emergono man mano (tipicamente quando stacchiamo un po’ la spina e possiamo far decantare le suggestioni arrivate dalle sedute cliniche). Un investimento di risorse da ambo le parti, che può apparire faticoso da sostenere all’inizio ma che, per la mia esperienza, produce una resa qualitativamente altissima.

COPPIE E TERAPIE DI COPPIA
Riguardo alla descrizione dei motivi che possono spingere una coppia in crisi a rivolgersi ad una terapia di coppia, dei cambiamenti che possono accadere in questo spazio e dei metodi di intervento da noi prediletti, mi limito a riportare pari-pari il testo che è già pubblicato sulla pagina dedicata nel sito del Centro Mera Gorini.
PERCHE’ LA COPPIA VA IN CRISI?
Le origini di una crisi o di un conflitto di coppia sono molteplici e hanno molto a che fare sia con la storia specifica di ciascuna coppia, sia col vissuto personale di ognuno dei partner.
Se per esempio le aspettative rispetto al legame di coppia o ai progetti di vita non vengono sufficientemente condivisi e ci si accorge solo più tardi che le idee a proposito sono profondamente diverse, la coppia entra in crisi.
Altre volte può accadere invece, che i modelli relazionali della propria famiglia d’origine, continuino a condizionare i due partner, non permettendo di far nascere, dalla loro unione, qualcosa di evolutivo e speciale, specifico della coppia in questione.
Altre volte ancora, è il modo in cui esprimiamo le emozioni e riusciamo a comunicarle al partner a portare elementi di criticità e di conflitto.
Lo stare insieme inoltre dovrebbe tenere conto di come anche la vita di coppia attraversa diverse fasi evolutive, che non possono essere lasciate andare per i fatti loro. Il rapporto di coppia cambia nel tempo e lungo le fasi del ciclo di vita famigliare, e le persone non sempre sono pronte ad affrontare tali cambiamenti insieme.
Talvolta nei periodi di cambiamento dell’assetto familiare, o nel passaggio dalle idealizzazioni iniziali ad una visione più realistica dei pregi e difetti reciproci, affiorano paure e angosce che conducono i partner verso stati di insoddisfazione e di rifiuto reciproco o unilaterale.
A COSA SERVE LA TERAPIA DI COPPIA?
La consulenza psicologica per la coppia è un intervento psicologico rivolto a coppie che attraversano un momento di crisi sul piano affettivo-relazionale oppure che si stanno avviando verso processi di separazione, ma sentono l’esigenza di un percorso che li accompagni a schiarirsi le idee e dare un “senso” psicologico a questo eventuale epilogo.
È molto importante che la motivazione al percorso di coppia sia condivisa. Nel caso in cui la problematica di coppia sia vissuta solo da uno dei due membri, si può valutare l’opportunità di intraprendere una terapia individuale.
Infine, è opportuno ricordare che la consulenza psicologica di coppia risulta indicata e fortemente consigliata anche per le coppie genitoriali in condizione di difficoltà rispetto a taluni passaggi evolutivi come, ad esempio, l’adolescenza dei figli, specialmente quando certi vuoti pregressi nella relazione coniugale si intrecciano ai comportamenti educativi e alla co-genitorialità (il modo in cui i due coniugi si alleano e collaborano, oppure vanno in competizione, rispetto alla loro funzione di genitori).
Come si svolge la terapia di coppia?
Prima di intraprendere un percorso psicoterapeutico, vengono svolte delle sedute di consultazione che servono a conoscere le dinamiche, gli stili e modi di relazione tra i coniugi e tra quest’ultimi e gli psicoterapeuti.
Infatti la nostra terapia di coppia prevede la presenza di due psicoterapeuti, modalità che si è dimostrata più consona ed efficace per la presa in carico e la cura delle coppie, sia nella nostra esperienza che in base a quanto indicato dalle più recenti rassegne scientifiche sull’argomento.
Dopo i primi incontri, che sono dedicati a esplorare sia gli aspetti più problematici sia quelli più funzionali della relazione, si procede con un eventuale percorso di psicoterapia che permetta di elaborare vissuti dolorosi e dinamiche disfunzionali, per esempio le angosce personali di ciascuno, piuttosto che il gioco sadomasochistico di attribuzione reciproca delle colpe (la criminalizzazione di uno, il vissuto di “capro espiatorio” dell’altro) ed altre dinamiche relazionali disfunzionali tipiche di quella specifica coppia.
Cosa può succedere con la terapia di coppia?
Pensiamo che il luogo della terapia debba essere uno spazio per pensare, dove può essere trovata una relazione tra pensiero e processi emotivi. Inoltre, intraprendere un percorso di questo tipo, può essere davvero un’occasione preziosa ed unica per apprendere degli strumenti concreti e rendere più funzionale la relazione.
Le coppie possono imparare a vedere aspetti del proprio partner che prima erano oscurati dall’intricata rete di recriminazioni e ansie personali, scoprendosi meno distanti o “alieni” di quanto appariva in precedenza.
Altre coppie riferiscono di riuscire a distinguere i vari piani del conflitto, separando gli schemi emotivi automatici personali, dal “contenuto” della discussione, che può così essere affrontata in modo più efficace e con maggiore senso di riconoscimento e soddisfazione per entrambi. Altre ancora, possono recuperare una capacità di stare insieme che sostenga lo sviluppo dell’individualità di ciascun partner: in questi casi il legame di coppia, che prima veniva percepito come una minaccia per il benessere del singolo, può tornare a costituire la base sicura da cui ciascuno si senta supportato e validato nella propria crescita personale.
A volte la terapia di coppia può condurre alla consapevolezza dell’impossibilità o mancanza di volontà per portare avanti il rapporto. In questo caso, per i due partner l’occasione preziosa è di affrontare “insieme” questo eventuale passaggio, potendo elaborare i vissuti di separazione angosciosi e potendo uscire da certi schemi disfunzionali che mantenevano la coppia in uno stallo, dove la rabbia e le recriminazioni incessanti impedivano un’autentica risoluzione dei conflitti.
Infine, la terapia di coppia è uno spazio fondamentale anche per aiutare i bambini: quando la coppia genitoriale è occupata dal conflitto, capita frequentemente che i figli vengano involontariamente chiamati in mezzo fra la mamma e il papà, vuoi per svolgere il ruolo di “alleati” dell’uno o dell’altro, vuoi per “consolare” il genitore in difficoltà. Questo impedisce di tutelare i bambini, sovverte i ruoli familiari che danno stabilità alla crescita dei piccoli e accentua la tensione complessiva. Recuperare la capacità di distinguere fra “coppia coniugale” e “coppia genitoriale” è un passaggio cruciale per il benessere dei minori e può essere sostenuto dalla presenza di uno spazio apposito dove i “fantasmi” emotivi possano essere depositati, digeriti e lasciati così fuori dal territorio della genitorialità.